Intervista di Eleonora Helbones
Affascinato dal grottesco e da quello che l’occhio umano percepisce come deforme e imperfetto, Krim riesce a renderlo unico e suggestivo.

Ciao Krim e
benvenuto su Stigmazine! Parlaci di quando è iniziato il tuo percorso in questo
mondo e com’è nata questa passione?
Ciao Eleonora, grazie a te armi l’opportunità di raccontare la mia esperienza.
Partiamo subito con una domanda molto difficile alla quale rispondere in quanto
furono davvero tanti gli stimoli che mi spinsero ad avvicinarmi a questo mondo.
Fin da bambino ho sempre amato l’arte e in particolar modo quella figurativa.
Fu così che mi avvicinai al disegno molto presto e decisi che quella sarebbe
stata la mia strada. Non avevo idea di come avrei fatto, ma tra i miei primi
progetti: quello di diventare fumettista ed illustratore. In fase
adolescenziale mi avvicinai a molte subculture musicali e artistiche, aprendo
la mente a numerose nuove forme espressive tra cui il tatuaggio che mi
affascinò fin da subito e iniziai quindi a collezionare i miei primi pezzi. Solo
in un secondo momento cominciai a pensare che mi sarebbe piaciuto trasferire i
miei disegni dalla carta alla pelle così, dopo mille valutazioni, tra i 17 e i
18 anni, acquistai il mio primo kit e mi misi a “scarabocchiare” le mie gambe e
“pasticciare” alcuni amici strettissimi. Lavorai in casa per poco più di un
anno perché in quel periodo stavo concludendo il mio percorso di studi
scolastici e non riuscii a trovare nessuno studio in cui iniziare la mia
gavetta. Durante tutto l’anno ebbi modo di fare un po’ di esperienza e di
capire meglio come affrontare questo percorso; poco tempo dopo ebbi la fortuna
di entrare in contatto con lo studio True Love di Savona dove tutt’ora lavoro
come resident artist che
mi ha consentito di approfondire sempre più i miei studi e di crescere
artisticamente.

Le tue scelte
stilistiche da chi e cosa sono state influenzate?
Da tutti gli artisti che ammiro, a prescindere dal loro stile, dalle loro idee
e dai loro format. Traggo maggior parte della mia ispirazione da grandi artisti
del passato, risalenti principalmente al periodo rinascimentale; mi affascinano
soprattutto le prime tecniche di stampa, l’incisione e il disegno con matita e
inchiostro. Proprio da queste tecniche apprendo e costruisco i miei tratti, il
mio segno, le texture, il modo di affrontare le forme
e i materiali. Buona parte dell’ispirazione la trovo anche in molti artisti
contemporanei che, tramite la loro arte o un confronto personale, riescono
sempre a darmi qualche spunto in più per ciò che riguarda il mondo e l’arte di
oggigiorno. Cerco di prendere tutto ciò che trovo più espressivo per metterlo
assieme e tirare fuori qualcosa di unico, di mio. Per quanto riguarda le
tematiche, sono sempre stato attratto da figure deformi, maligne e sofferenti,
tematiche facilmente riscontrabili nelle varie mitologie, nell’esoterismo, nei
racconti di gradi scrittori dell’occulto e, perché no, anche nella vita
quotidiana.

L’utilizzo
massiccio del nero di tuoi lavori che valore ha e perché questa scelta del blackwork?
La scelta dell’uso esclusivo del nero è avvenuta più o meno di recente: ho
sempre affrontato tematiche horror ma con il colore mi
sembrava di non rendere al meglio l’inquietudine che volevo rispecchiare nei miei
lavori. Il blackwork è
un genere molto ampio, si riferisce principalmente all’utilizzo del solo nero
nella palette dei
colori ma può avere un’infinità di sottocategorie tra cui molti stili vicini
all’illustrazione ad inchiostro. Personalmente trovo sia il genere che più si
avvicina al mio stile di disegno su carta e quello che meglio rappresenta le
mie tematiche le quali, combinate con l’uso massiccio di nero, riescono ad
aggiungere un’atmosfera molto dark e
a dare parecchia solidità ed emotività al pezzo. Lavorare col solo nero inoltre
mi consente di essere molto più tecnico, di sfruttare maggiori dettagli,
texture, luci e contrasti. Non è quindi solo una scelta stilistica ma anche una
scelta di necessità.